28/07/1954
 Nel mondo dell'eleganza.
 Ottava Mostra dell'Alta Moda.

 Irene Brin in un fermo immagine estrapolato  dal filmato a     fianco.
 

 

 

 

Dive, sarti, lusso e leggende Roma racconta

l' Alta Moda

ROMA - Una mostra sull' onda della nostalgia, del rimpianto per un tempo di creatività e di vivacità che non tornerà mai più. è un inno alla moda romana - l'alta moda delle sartorie che cominciarono copiando Parigi e poi scoprirono di essere migliori - la mostra che si sta allestendo a Palazzo delle Esposizioni e che si inaugurerà sabato prossimo, per restare aperta fino al 7 settembre. Si intitola "La moda a Roma dal 1945 al 1965", sottotitolo Storie di moda. Le storie raccontate sono quelle che vanno dal dopoguerra ai primi anni del boom, sostanzialmente gli anni Cinquanta, quando i sarti ancora non si facevano chiamare stilisti e griffe era una parola sconosciuta. Sono storie che hanno un unico grande palcoscenico, un unico grandioso set che profuma di grandeur: Roma. La Roma cosmopolita e internazionale di Irene Brin, o se si preferisce della Contessa Clara, il suo implacabile alter ego. Una Roma frizzante di eventi. Una città, per dirla con Alberto Arbasino, che era "la più cosmopolita d' Europa, anzi, era l' aeroporto intercontinentale dell' Occidente". "Nella moda, oggi, l' industria ci sta schiacciando, e sta uccidendo la creatività. Fu proprio Irene Brin ad averlo presagito, già in quegli anni. Quello che vedremo in questa mostra è un mondo che è finito, e che oggi sembra lontanissimo, addirittura remoto: finiti i protagonisti, finite le dame e le star che portavano quegli abiti, finita la manodopera pazzesca che c' era dietro", osserva Bonizza Giordani, curatrice della mostra, organizzata dall' Agenzia della Moda del Comune di Roma. è lei che è andata a bussare agli atelier, che ha contattato collezionisti privati, grandi signore, principesse, fondazioni, sartorie e ha messo insieme 170 tra abiti e accessori, tutti pregiatissimi e spettacolari. Molti di questi abiti li abbiamo già visti, icone in bianco e nero di dive internazionali che accorrevano a Roma e trovavano Hollywood in riva al Tevere. Ecco, capolavoro di drappeggio, l' abito lavorato a cesto, color crema, da gran sera, che Fernanda Gattinoni realizzò per Ingrid Bergman. O quello, uscito dalle stesse mani, molto grafico ricamato a cavallini sul corpetto e nella rigida sottana, indossato da una giovanissima Audrey Hepburn. La parata di star non può non includere anche Liz Taylor: ecco il tubino da cocktail nero con un inserto bianco lungo la scollatura disegnato dalle sorelle Fontana per l' attrice, che a Roma girava Cleopatra. Ed ecco il mitico "pretino", l' abito talare nero percorso da un' infinita fila di bottoncini rossi che Ava Gardner prese anche lei dalle sorelle Fontana. "Fu poi copiato per un film che si girò qualche anno più tardi. Il film si intitolava La dolce vita, l' attrice che lo portava era Anita Ekberg", racconta Bonizza Giordani. è ispirato invece a una mostra di Picasso che si tenne a Roma in quegli anni un sontuosissimo abito di Schuberth, indossato da Sofia Loren, di raso dorato con enormi ricami, dove fili preziosi di oro vero si alternano a fili grezzi. Nomi spariti, oppure nomi che ancora oggi evocano lusso e charme: le case di moda presenti, tutte di solido mestiere sartoriale, sono Battilocchi, Delia Biagiotti (madre di Laura), le Sorelle Botti, De Luca, Montorsi, Stop Senes, Zecca. Per l' alta moda Antonelli, Carosa, Fabiani, le sorelle Fontana, Irene Galitzine, Fernanda Gattinoni, Mingolini-Gugenheim, Marucelli, Sarli, Schuberth, Simonetta Visconti, Valentino. Di Valentino sono in mostra tre abiti: uno, fra i primi di colore rosso fuoco, fu indossato da Rossana Podestà; un altro è stato realizzato in anni più recenti ma su un bozzetto del '54: un abito da ballo bianco e nero con grande cappa e strascico che l' allora giovanissimo disegnatore aveva ideato per Maria Felix. C' è spazio anche per gli accessori: i sandali d' epoca di Ferragamo o di Gucci, certe curiose scarpine "antipappagallo" con puntale acuminato firmate Dal Cò, le prime borse col manico di bambù, il bauletto di velluto rosso e nero di Roberta di Camerino. E poi ancora i primi foulard fiorati di Gucci, i grandi cappelli di Canessa, i guanti di Merola, gli stessi che Audrey Hepburn-Natascia indossò in "Guerra e pace". E oltre trecento bottoni, ognuno con una sua storia: bottoni gioiello, bottoni di osso, di tartaruga, di passamaneria, o già di plastica. Una piccola sezione è dedicata alla moda maschile. Dei sei abiti di Piattelli, tre - prestati dalla vedova completi degli accessori - sono di Marcello Mastroianni: uno smoking bianco e due spezzati. Gli abiti di Brioni risalgono al ' 53, e alla prima sfilata, ormai leggendaria, nella Sala Bianca, a Palazzo Pitti: "Capi molto coraggiosi e insieme eleganti, come un dinner jacket rosso o una giacca giallo oro, che fecero poi furore negli Stati Uniti", ricorda Bonizza Giordani. Per ricreare l' atmosfera delle sartorie dove il lavoro era fatto tutto a mano, a spiare gesti, segreti e progetti, i visitatori potranno guardare da un buco della serratura affacciato su un atelier di moda per donna, uno di moda maschile, un laboratorio di guanti, uno di cappelli, uno di scarpe, vecchie foto, schizzi, manichini, ricami, telette, figurini, forme, cartamodelli. L' Istituto Luce ha concesso un numero considerevole di filmati d' epoca, selezionati e montati in un unico video di 45 minuti che sarà proiettato durante la mostra a raccontare le prime sfilate, le recite degli aristocratici romani di "Tevere blu", l' arrivo a Roma delle grandi dive, i balli, le serate mondane, i cocktail, i vernissages. La copertina del catalogo e il manifesto sono dedicati al disegnatore italiano Gruau, mentre la sezione fotografica è un omaggio a Pasquale De Antonis, fotografo oggi novantenne che lavorava spesso in tandem con Irene Brin. Fu lei a fargli ritrarre indossatrici e modelle nei palazzi nobili di Roma, nelle sue celebri piazze storiche, fra ruderi e monumenti, sullo sfondo dell' Appia Antica. Fu la prima volta, e anche quella sarebbe diventata una moda.

Laura Laurenzi 6 luglio 1998
Archivio La Repubblica
 

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